Cena di Santa Lucia: 1000 invitati per la festa della carità

L’onda lunga della solidarietà investe ancora una volta Padova. Lo scorso 9 dicembre il Centro congressi Papa Luciani strapieno, forse più dell’anno precedente, presenti tutte le autorità cittadine e non solo, per un momento che mostra il cuore di una città capace di condivisione anche nei momenti più difficili. (Qui la rassegna stampa dell’evento)

È “grazie” la prima parola con cui vogliamo lasciarci. Grazie ai circa 1.100 presenti, grazie ai 250 volontari, grazie al comitato di cento personalità del mondo sociale e imprenditoriale.

Qui i progetti che abbiamo sostenuto e continueremo a sostenere con la cena di Santa Lucia 2013 e il lavoro dell’Associazione  che culminerà con la prossima  Cena di Santa Lucia venerdì 12 dicembre 2014.

Inevitabile a questo punto il richiamo a papa Francesco. Un video di dieci minuti che ci ha introdotti alla serata ripercorrendo le parole e i gesti più eloquenti del Papa, dal “buonasera” che inaugura il pontificato, alle frasi accorate per chi ha perso il lavoro. E poi la corona di fiori per le vittime del mare e della cattiveria umana a Lampedusa, il «Non lasciatevi rubare la speranza», i piedi dei poveri lavati e baciati il Giovedì Santo… gesti che toccano nel profondo.

Così come le parole di un testimone non da cena di gala, essenziale, a volte spigoloso come Domenico Quirico. «Dobbiamo trasformare i 130mila morti in Siria in persone, in facce»: l’esordio arriva come un pugno allo stomaco. «Non sto parlando di combattenti o rivoluzionari o banditi, ma 130mila bambini, vecchi, donne dilaniate dalle bombe mentre compravano il pane. Questa è la Siria di oggi». Un paese che rappresenta una sconfitta soprattutto per la stampa e i media dell’Occidente. «Non abbiamo saputo creare un’emozione collettiva per questa che è la più grande tragedia del nostro tempo. Non abbiamo trasformato l’esperienza in coscienza». Eppure dentro tutto questo male inutile e insensato, può fiorire, per parafrasare Hannah Arendt, la banalità del bene. Come quella del miliziano che, per un gesto di pura bontà, disobbedendo al suo boss, passa il telefonino a Quirico perché si metta in contatto con la famiglia. Cinque mesi durissimi, «ma chi crede non è mai solo», testimonia l’inviato speciale de La Stampa. Che propone un suo personale atto di fede: «Credere è darsi, affidarsi senza riserve, non mercanteggiare con Dio».